Stòrjè

   Anticamente presso il torrente Freddo che dista un chilometro da Castelluccio Valmaggiore, dove s’innesta l’altro di maggiore importanza, chiamato Celone, vi era un tempo, un piccolo Cenobio di cui s’ignora l’epoca della fondazione e la regola.

   Quei religiosi avevano la missione di tutelare e difendere la vita dei pellegrini di terra santa, che per deficienza di strade regolari erano necessitati a passare per quei luoghi. Il Cenobio era dedicato a San Nicola. “Nel punto ove venne edificato il conventino la gran valle si restringe a guisa di un imbuto a collo torto ricca di boschi rigogliosi e che riusciva grave e pericoloso il transito dei pellegrini. Era quella una località scelta con saggezza dai religiosi per l’esercizio della loro missione informata a carità cristiana. Più tardi per maggiore comodo del conventino, quei religiosi edificarono su di un poggio dirimpetto alcune cellette da servir loro per una dimora estiva, perché le acque stagnanti dei due torrenti davano miasmi nocivi alla loro salute”.

     Nel 1105 quei religiosi cessarono di custodire quel punto interessante alla sicurezza del transito. Non so perché avvenne quell’abbandono. Le memorie storiche dei paesi vicini, specie di Castelluccio Valmaggiore, tacciono. Forse il loro soggiorno per le vittorie e le depredazioni dei Normanni si era reso impossibile.

     “Infatti, i Conti di quell’epoca occupati in continue guerre né potevano né solevano provvedere alla vita dei cittadini, al mantenimento dell’ordine e alla sicurezza delle strade e i perversi ne approfittarono!”:
    Il Vescovo di Troia Mons. Guglielmo II della stirpe ducale normanna, non essendovi più i religiosi a custodire quel passaggio, per le depredazioni che avvenivano, se la prese con Castelluccio Valmaggiore che assediò, prese e cruciò  causa: pro crudelitate uqam faciebant peregrinis Hierosolimitanis. Il Rosso di Manfredonia nella cronistoria di Troia dà un’altra causale, affermata dallo Stefanelli Memorie storiche di Troia, dicendo che Castelluccio Valmaggiore venne saccheggiata e cruciata dal Vescovo di Troia perché si era ribellata alla sua giurisdizione. Ciò non regge alla storia. Le tradizioni di quella cittadina provano il contrario. Del resto, obiective loquendo, lascio ai supercritici l’ardua sentenza. Il fatto è questo che il conventino di San Nicola, dopo un secolo di abbandono per opera di Gregorio IX, nel 1228, risorse a novella vita. Egli chiamò dalla Spagna i cavalieri di Calatrava a cui concesse con l’abbazia di Orsara, anche quelle di Castelluccio Valmaggiore e Pontalbaneto. Ciò emerge chiaro dal diploma di Carlo d’Angiò del 1274. La permanenza intanto dei Cavalieri in Italia fu di brevissima durata, perché nel 1284 furono richiamati nella Spagna per opporsi alla invasione degli Arabi ed abbandonarono per sempre il conventino di San Nicola. Conventino che a poco a poco, senza le annuali riparazioni, cadde in rovina  per sempre. Vi restarono solo le cellette fabbricate su quella montagna rocciosa che verso la fine del secolo XIII vennero occupate da una colonia di provenzali, soldati mercenari di Carlo d’Angiò, reduci da Lucera dopo aver sconfitto i Saraceni colà assediati. Erano poveri coloni provenzali che seguivano le sorti del loro Signore e prova ne sia il dialetto che tuttora viene parlato unitamente al comune viciniore di Faeto.

    Coloni provenzali che dalle celle da essi abitate presero il nome che oggi ritiene. Qui è da rigettare l’asserzione gratuita di qualche cronista che fa risalire la fondazione dei due comuni di Celle e di Faeto all’epoca della disfida di Barletta 1503 dicendo che i primitivi abitanti erano soldati francesi dopo la rotta “alla Cerignola” perché noi sappiamo da fonti di indiscusso valore storico, che i due Comuni rimontano al XIII secolo, e che nel 1440 Renato d’Angiò, erede testamentario di Carlo d’Angiò, costruì la Baronia di Castelluccio Valmaggiore con Celle e Faeto.

                                           

 ( tratto da “Memorie Storiche del Comune di Celle San Vito” del Rev.do Sac. Luigi SAVINO -                         

   stampato nel 1942)  

 

Il sorgere di Celle e Faeto sembra implicare necessariamente un'immigrazione d'un gruppo d'una certa consistenza dalla Francia nelle nostre zone della Daunia, perchè diversamente non si spiegherebbe l'imporsi della parlata Franco-Provenzale su tali territori.

I documenti più significativi in merito alle origine del nostro paese sembrano essere due. Uno attesta un'immigrazione dalla Francia a Lucera e l'altro, insediarsi di un distaccamento militare angioino nel Crepacore (zona a circa 3 Km da Celle dove attualmente è situato il Castiglione).

Il primo documento è l'editto di Carlo I D' Angiò del 20 ottobre 1274 con il quale il sovrano, chiamato dal Papa in Italia per combattere contro la dominazione della casa Sveva, dopo la resa dei Saraceni a Lucera nell'agosto del 1269 tenta di collocare proprio in questa città gente fedelissima a lui ed alla sua causa.Egli tenta di portare dalla Francia non soltanto i "magistri" per l'edificazione della nuova cattedrale, ma anche un gruppo consistente di contadini e artigiani capaci di rivitalizzare la città e garantirla al suo dominio.

Per invogliare questa gente a venire in Italia promette molti vantaggi e garanzie: viaggio e mantenimento gratuito fino al giorno dell'arrivo, costruzione di alloggi a spese del tesoro, concessione di terreni coltivi,vigne, legname,pascoli, anticipi di cereali per l'alimentazione e la semina, l'esenzione decennale delle tasse ecc...  Nel testo integrale dell'editto sono indicate dettagliatamente le zone francesi chiamate ad emigrare, che sono quasi tutte interne alla Provenza.

Il secondo documento è un altro editto di Carlo I D' Angiò dell' 8 luglio 1269.

In questo periodo Lucera è ancora sotto l'assedio del sovrano. I Saraceni fanno scorrerie sull' intero territorio e soprattutto sulla via Traiana. Carlo comprende la straordinaria importanza del valico di Crepacore e vi spedisce 200 suoi soldati per presidiarlo. Siccome la fortezza non è abitabile il sovrano obbliga 19 comuni limitrofi a mandare sul posto circa 700 uomini fra operai e guardie armate per la ricostruzione.

A questo punto i dati veramente sicuri riguardanti la venuta di francesi nella nostra terra sono gli eventi documentati dallo sforzo Angioino di colonizzare Lucera e ricostruire il centro fortificato di Crepacore. Da tutto ciò appare quindi legittimo collegare la successiva nascita di Celle e Faeto.  Sulle origini di tali paesi sono diverse le ipotesi avanzate dagli studiosi, alcune contrastanti tra loro ma per avere una loro veridicità e attendibilità,è necessaria una giusta documentazione.

La prima ipotesi è la più attendibile perché si fonda sulla realtà storica delle vicende angioine in Italia nel XIII secolo ed è in linea con la più antica tradizione locale. Essa fa riferimento soprattutto all'editto di Carlo D'Angiò dell' 8 luglio 1268. L' origine della nostra isola Franco - Provenzale risalirebbe al gruppo di soldati mandati dal sovrano Angioino a presiedere il centro fortificato di Crepacore, in quanto questi avrebbero richiamato le loro famiglie per potersi insediare definitivamente sul luogo.

Successivamente, verso il 1340 avrebbero abbandonato Crepacore, a causa di un clima umido e molto esposto al freddo, occupando delle "celle" che nel 1115 i monaci di San Nicola di Troia avevano edificato, sul pogetto di fronte, come dimora estiva e che poi abbandonarono. Da qui deriverebbe il nome CELLE.

Una seconda ipotesi è costruita sempre da un editto di Carlo I D' Angiò con il quale chiama la sua gente dalla Francia a Lucera. In seguito questi non trovandosi a loro agio a Lucera a causa del clima, della malaria e dei saraceni che riprendono il potere; di fronte all'alternativa di tornare in patria oppure sistemarsi altrove, avrebbero deciso di raggiungere le zone più tranquille delle nostre montagne unendosi agli altri connazionali, ivi residenti originando le due comunità Franco-Provenzali. Secondo alcuni studiosi, Celle e Faeto non sono altro che il risultato della confluenza del gruppo francese formatosi nel Crepacore e di quello costituito a Lucera e in seguito allontanatosi.

Una ultima ipotesi è la cosiddetta "valdese" sostenuta dallo studioso P. Gilles, il quale afferma che l'origine di Celle e Faeto deriverebbe da un gruppo di popolazione valdese venuto dalla Provenza nel 1400 per sfuggire alla persecuzione religiosa in atto in quella regione e quindi insediatosi sulle nostre montagne. I maggiori studiosi delle vicende storiche di Celle e Faeto respingono tale ipotesi in quanto Gilles non offre alcuna documentazione scientifica riguardo le sue affermazioni. Lo stesso inoltre, asserisce che i valdesi venuti in Puglia intorno al 1400, non solo abbiano edificato Celle e Faeto ma anche Motta,Monteleone e Montaguto. In realtà da fonti storiche, risulta che questi paesi erano esistenti già prima del XV secolo.

C'è infine da fare un ultima considerazione; il territorio dove nasce e si sviluppa il movimento dei valdesi è la Provenza, la cui parlata dovrebbe essere il provenzale mentre la lingua parlata nelle nostre comunità appartiene al Franco - Provenzale.

In conclusione il problema delle origini di Celle e Faeto, anche se come abbiamo visto esistono punti di riferimento di notevole consistenza, non ha ancora trovato una risposta definitiva in quanto restano aspetti da approfondire. Fin dalla loro origine, Celle e Faeto, restano alle dipendenze di Castelluccio Valmaggiore. Infatti il governo degli Angioini per non lasciarli in balia di sè dato che si trovano in una terra di cui non conoscono lingua e tradizioni, li aggrega al comune più vicino.

Dopo diversi secoli di regimi feudali, dal 1810 Celle vanta di essere comune indipendente e gode libertà di indirizzo civile e amministrativo.

 

S T E M M A   D E L   C O M U N E

Nell' ottobre 1983 il Sindaco con delibera n: 54 fa richiesta al Presidente della Repubblica della concessione e del riconoscimento dello stemma civico e del Gonfalone Municipale, concessione che ottiene l' anno successivo.

Lo stemma del Comune di Celle di San Vito è di colore azzurro, con una leonessa con la testa umana, d' oro, accovacciata, accompagnata in capo dalle tre stelle d' oro di sei raggi, poste una,due, nel fianco destro della luna crescente d' argento, e in punta delle tre montagne verdi.

Per quanto riguarda il suo significato pare che la mezza luna in fase crescente significhi che la comunità cellese tanta provata per i secoli passati dai soprusi delle varie amministrazioni della baronia di Castelluccio Valmaggiore, una volta liberata, abbia il desiderio di crescere sul piano amministrativo, politico, culturale e imprenditoriale. La leonessa con testa femminile umana, starebbe a significare i pessimi rapporti con le varie amministrazioni del potere esercitato dalla baronia di Castelluccio. Le tre stelle situate in alto di colore oro, rappresenterebbero le tre comunità di Celle Faeto e Castelluccio che liberatesi dalla tirannia baronale, guarderebbero con fiducia il cielo in segno di ringraziamento al Signore. Le tre montagne di colore verde figurerebbero le tre comunità.

I L    G O N F A L O N E

Il gonfalone del paese decretato dal Presidente della Repubblica è così descritto: drappo partito di giallo e di verde riccamente ornato di ricami d' argento e caricato dallo stemma con l' iscrizione centrata in argento: Comune di Celle di San Vito. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto dei colori del drappo, alternati con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d' argento.

 

relatrice Michelina Suglio

 

             

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